Polonia, Ungheria e una vittoria mutilata. L’Unione Europea tra ripresa e Rule of Law



“J’ai toujours pensé que l’Europe se ferait dans les crises, et qu’elle serait la somme des solutions qu’on apporterait à ces crises.” – Jean Monnet, Mémoires.

 

L’Europa del dopoguerra ha dovuto più volte confrontarsi con le crisi del suo tempo. Siamo stati abituati, come Europei, ad affrontare crisi economico-finanziarie, di stabilità politica e crisi sistemiche legate alla frastagliata via verso l’integrazione e l’allargamento dell’Unione Europea.

Lo scenario attuale è caratterizzato da una risposta concreta e corale alla pandemia che ha colpito l’intera Unione nel corso del 2020. In pochi mesi, sono state messe in campo misure espansive superiori a quelle che hanno caratterizzato la risposta alla crisi economica del 2007-2008 la cui coda si è protratta con varie ricadute nazionali sino al 2013-2014.

Se è vero, come diceva Jean Monnet, che l’Europa si farà dalle crisi e dalle risposte ad esse, è altrettanto vero che l’assenza di basi comuni e condivise potrebbe indebolire le risposte stesse e l’intero sistema europeo fondato sull’acquis communautaire.

L’approvazione del Bilancio pluriennale 2021-2027 e del Fondo di ripresa e resilienza Next Generation EU (NGEU) si scontra quindi con il Meccanismo per lo stato di diritto, strumento messo in campo dalle istituzioni unionali per sostenere le economie degli Stati senza far venir meno il rispetto dei principi base dell’Unione.

Il problema si pone quando due tra i 27 Stati membri, Polonia e Ungheria, decidono di utilizzare la leva del veto al Bilancio Pluriennale come arma di negoziazione. Entrambi soggetti a procedure ai sensi dell’art.7 TUE per violazione dell’art. 2 TUE, sarebbero stati i primi indiziati per l’utilizzo del Rule of law mechanism con conseguenti ripercussioni in fatto di accesso ai fondi.

Sulla base della logica che il sostegno economico e gli obiettivi a medio termine delle misure messe in campo siano vitali per i cittadini dell’Unione, il Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2020, grazie alla mediazione della Presidenza tedesca di turno del Consiglio dell’Unione europea, ha raggiunto un accordo con Polonia-Ungheria. L’importanza di procedere verso una risposta chiara all’attuale crisi economico-sanitaria ha guidato le negoziazioni.

Sta di fatto che questo accordo salutato dalle istituzioni europee come una vittoria, concede però ai governi di Ungheria e Polonia tempo e spazio, in violazione dei trattati e dei principi su cui si fonda l’Unione Europea.

1. Governi conservatori e tendenze autoritarie

L’Europa unita in cui coesistono varie sensibilità politiche, confessioni e tradizioni può essere definita come un unicum in quanto caso peculiare di cooperazione politico-economica tra Stati i cui passati divergono. Come ci si pone quando vengono mesi in dubbio gli stessi principi sui quali si fonda l’Unione Europea?

Lo scorso decennio ha visto, sia in Polonia che in Ungheria, una progressiva riduzione della libertà di stampa e una sempre maggiore ingerenza nell’informazione pubblica posta sotto il controllo governativo e quindi asservita alle necessità politico-elettorali dei partiti al governo. I due Paesi sono accomunati dalla medesima visione in tema di politiche migratorie e dalla centralità della famiglia tradizionale. A ciò si aggiungono le limitazioni al diritto di assemblea e i numerosi tentativi di ingerenza della politica nel potere giudiziario attraverso l’indebolimento delle rispettive Corti Costituzionali.

Il fatto di promuovere un paradigma che metta in dubbio principi fondanti dell’UE quali ad esempio la democrazia, lo stato di diritto, la solidarietà e i diritti umani, pone un problema non solo ai singoli Paesi, ma all’Unione come insieme. Tale pericolo aumenta quando l’eco di tali rivendicazioni conservatrici e populiste raggiunge formazioni politiche di Paesi come l’Italia, la Francia e la Spagna.

La risposta europea alle ripetute violazioni o minacce a quanto statuito dall’art.2 del TUE si è, negli anni, concretizzata nelle denunce del Parlamento europeo. Non ultime, le ripetute minacce e limitazioni alla comunità LGBTQ+ e ai diritti delle donne. È opportuno ricordare il caso polacco di riduzione delle possibilità di procedere all’interruzione della gravidanza, originariamente limitata ai casi di pericolo di vita per la madre, violenza e malformazione del feto. Recentemente, la Corte costituzionale controllata dal partito di governo PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia), ha escluso la possibilità di aborto in caso di malformazione del feto[1].

Caso simile è presente nella costituzione ungherese che, oltre a definire il matrimonio come unione tra uomo e donna escludendo qualsiasi tipo di unione tra individui dello stesso sesso, pone una prospettiva antiabortista specificando che il feto debba essere legalmente protetto dal momento del concepimento.

Il riverbero internazionale di tali violazioni ha reso necessari, nei confronti di Polonia ed Ungheria, numerosi richiami e l’avvio di una procedura ai sensi dell’art.7.1 TUE per il rischio che vi sia una seria minaccia ai valori europei esprimendo preoccupazione per lo stato delle istituzioni, per l’indipendenza del sistema giudiziario e per la tutela dei diritti dei cittadini dei due Paesi.

2. Lo scenario attuale: Next Generation EU, Bilancio Pluriennale e Rule of law mechanism

Il 2020 porta con sé la consapevolezza che l’Unione Europea sia stata capace di superare i vincoli dell’austerità e del rigore che hanno caratterizzato la risposta alla crisi economico-finanziaria del periodo 2007-2013. Alla pandemia di SARS-COV2 si risponde con politiche espansive, investimenti e maggiore flessibilità. Alla chiusura si preferisce la cooperazione e una lotta comune ad un nemico comune.

Per ricostruire l’Europa, la Commissione europea, il Parlamento europeo e gli Stati membri hanno lavorato sinergicamente ad un piano di ripresa e resilienza che prevede lo stanziamento di 1824,3 miliardi di Euro tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti. Di questi, 750 mld rientrano nel programma Next Generation EU, mentre il resto rientra nel Bilancio pluriennale 2021-2027. Per finanziare tali misure, l’Unione Europea ricorrerà ai mercati finanziari ottenendo tassi più vantaggiosi di quelli che avrebbero ottenuto molti Stati membri.

Il problema si pone quando questo sistema di recovery si scontra con il Meccanismo per lo stato di diritto. Proposto nel 2018, tale meccanismo punta ad incrementare il dialogo inter-istituzionale vincolando i fondi europei al rispetto del principio di tutela dell’indipendenza del sistema giudiziario, della libertà di stampa e, con essi, del rispetto dei diritti umani e delle minoranze. In teoria, queste misure non sono in contrasto tra loro e tanto meno il rispetto delle regole imposte dal Rule of law mechanism danneggia le economie degli Stati parte dei trattati europei. Al contrario, questo strumento dovrebbe fissare con maggiore forza un sistema condiviso di cooperazione e diritti al quale gli Stati hanno liberamente deciso di prendere parte.

La realtà dei fatti ci dimostra però che, pur in assenza di contrapposizioni teoriche, tale dicotomia ha rallentato l’approvazione del Next Generation EU e soprattutto del nuovo bilancio a lungo termine. Sulla base di quanto precedentemente descritto, Polonia e Ungheria sarebbero i primi Stati-obiettivo delle misure derivanti dal Rule of law mechanism e questo potrebbe avere numerose ripercussioni sull’accesso ai fondi stanziati per superare l’attuale crisi. Dovendosi il bilancio pluriennale approvare all’unanimità, l’unica arma a disposizione dei due Stati del blocco di Visegrad[2] è la minaccia di veto al bilancio in risposta al potenziale utilizzo del Meccanismo sullo stato di diritto. Le motivazioni addotte sono legate ad un’ipotetica ingerenza europea negli affari interni di Polonia e Ungheria e soprattutto al diverso modello socio-culturale condiviso dai due Paesi che, a detta dei due governi, è ripetutamente minacciato dalle istituzioni europee e da altri Stati membri.

Polonia e Ungheria sono, però, due tra gli Stati che maggiormente hanno beneficiato dal 2004 ad oggi dei fondi strutturali e di altre forme di finanziamento europeo che hanno portato allo sviluppo economico attuale dei due Paesi. A ciò si aggiunge che i vincoli imposti dal Rule of law mechanism, oltre a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, si basano su principi fondanti dell’UE e sanciti dai trattati accolti dai due Paesi attraverso il loro processo di integrazione.

Mettere in dubbio la validità e l’importanza dell’acquis communautaire, oltre ad essere grave, porta ad una spaccatura che difficilmente potrà sanarsi, in quanto attenta all’esistenza stessa dell’Unione Europea.

Lo spirito della negoziazione successiva è stato quello di mettere al centro gli obiettivi di ripresa, del green, della digitalizzazione, oltre all’importanza che tali misure avrebbero per le cittadine e i cittadini europei. Proprio per questo, nei giorni antecedenti il Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2020, la diplomazia e la presidente di turno del Consiglio dell’UE Angela Merkel hanno raggiunto un accordo che evitasse ulteriori spaccature con una gestione provvisoria del bilancio e un Next Generation EU (NGEU) a 25 che escludesse Polonia e Ungheria. Il compromesso trovato sposta di fatto il Rule of law mechanism ad un periodo successivo dovendosi attendere il giudizio della Corte di giustizia europea. Il fatto di adire alla CGUE rinvia qualsiasi ragionamento sul tema di uno o due anni. Se per alcuni critici questo potrebbe agevolare la rielezione di Orban, per altri l’aspetto più grave è che verranno considerate solo le violazioni successive all’1 gennaio 2021.

3. Bilanciamento tra soluzione condivisa e coerenza con i trattati: I rischi per l’Europa

L’accordo tra l’UE e l’asse Polonia-Ungheria è stato seguito da un coro unanime di soddisfazione che lo vede come una vittoria per entrambi gli schieramenti. Da un lato, la soddisfazione per aver finalmente raggiunto un accordo condiviso evitando il veto, la gestione provvisoria del bilancio e un NGEU come cooperazione rafforzata tra i 25 Stati membri. Dall’altro, Polonia e Ungheria salutano con soddisfazione un accordo che, a loro detta, rispetta l’identità e la sovranità dei due Stati e vede di fatto allontanarsi la condizionalità legata al rispetto della Rule of law.

La prima criticità consiste proprio nell’esistenza del coro unanime. Se tutti vincono nessuno vince. In questo caso, a vincere meno di tutti è l’Europa unita che corre svariati rischi. Tra questi, vi è senza dubbio il rischio di tendere verso un’Europa à la carte in cui ognuno sceglie di partecipare solo a ciò che interessa o conviene. La prima conseguenza sarebbe un ulteriore indebolimento della visione dell’Europa come soggetto unico e come attore globale.

Altro rischio si lega al fatto di mettere sui due piatti della bilancia la coerenza con i trattati e la ricerca del consenso. Più volte, nel recente passato, si è sollevata la questione del limite imposto dal voto unanime in Consiglio che condanna all’immobilismo. In questo caso, il rischio è ancora maggiore perché la coerenza con i Trattati implica il rispetto dei valori fondanti e dei principi fondamentali su cui nasce l’UE.

Inoltre, se un cambio di governo a Varsavia e Budapest migliorerebbe i rapporti con Bruxelles, permane il rischio che una crescita del sentimento nazionalpopulista tra i governi europei porti definitivamente a disgregare l’Europa, condannando i singoli Stati all’irrilevanza globale. Un esempio concreto si è verificato in Italia tra il 2018 e il 2019 durante il governo di coalizione Lega-Movimento 5 Stelle e potrebbe verificarsi in caso di vittoria di coalizioni sovraniste in Stati fondatori come la Francia, creando problemi ancora maggiori per la tenuta del sistema europeo.

Non ultima in ordina di importanza, la necessità di far fronte a numerose forze esterne tra cui la Cina, la Russia e gli Stati Uniti pre-Biden interessate ad indebolire l’Unione Europea per ragioni economiche e strategiche puntando sul divide et impera.

Fronteggiare una pandemia significa puntare a soluzioni condivise che tutelino l’insieme dei cittadini europei. Per questo, non è del tutto condannabile la ricerca di una soluzione che miri a unire invece che a dividere. D’altrocanto, è altresì importante unire partendo da una base comune fatta di principi, e guardando insieme agli obiettivi posti dal Recovery plan.

Serve una risposta coerente che sia comune nei metodi per abbattere le diseguaglianze, che accompagni l’Europa verso l’obiettivo di divenire il primo continente climaticamente neutro entro il 2050 e che affronti le avversità del futuro ponendo al centro la democrazia, la solidarietà, lo stato di diritto e la tutela dei diritti di tutte e di tutti.

Giuseppe Vito Ales

 

Bibliografia

– Bayer L.; EU leaders back deal to end budget blockade by Hungary and Poland; Politico; dicembre 2020.

– European Parliament; Rule of law: new mechanism aims to protect EU budget and values; novembre 2020.

– Gros, Blockmans, Corti; Rule of law and the Next Generation EU recovery; CEPS; ottobre 2020

– Haski, Pierre; La Polonia in piazza contro le leggi che vietano l’aborto; France inter (ripubblicato su Internazionale); novembre 2020.

– Sirotnikova, Inotai, Gosling, Ciobanu; Democracy Digest: Poland and Hungary refuse to back down over  EU veto; novembre 2020.

– Stevis-Gridneff, Novak, Pronczuk; E.U. Reaches Deal on Major Budget and Stimulus Package; New York Times; Bruxelles; dicembre 2020.

– World Justice Project; The World Justice Project Rule of Law Index 2020; Washington DC; 2020.

– Michelot M.; The “ARTICLE 7” proceedings against Poland and Hungary: What concrete effects?; Jacques Delors Institute; maggio 2019.

– European Parliament; Understanding the EU Rule of Law mechanisms; Briefing, gennaio 2016.

– Von der Leyen; A Union that strives for more, my agenda for Europe; POLITICAL GUIDELINES FOR THE NEXT EUROPEAN COMMISSION 2019-2024.

– European Commission; 2020 Rule of law report; settembre 2020

 

 

 

[1] Prima causa di interruzione di gravidanza.

[2] Una delle prime forme di cooperazione regionale nell’Est Europa post-sovietico, il Blocco di Visegrad è un’alleanza culturale e politica tra Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, il cui obiettivo è l’integrazione europea alla quale i quattro arriveranno nel 2004.

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