Il microcredito islamico: il caso Akhuwat



Dopo aver enucleato, all’interno dell’articolo precedente, la definizione del concetto di microcredito, evidenziando le analogie e le differenze teoriche e pratiche che intercorrono tra il modello di microcredito islamico e quello occidentale, l’ultimo passo da compiere, per completare il ciclo di approfondimento sul tema della finanza islamica, è quello di focalizzare l’attenzione su un esempio concreto di schema di microcredito islamico, ovvero il caso Akhuwatin Pakistan.

Cominciando dall’analisi del backgroundstorico-economico del Paese islamico, si può subito affermare che la questione della concessione di micro-prestiti ai soggetti in grave difficoltà economica, sia ormai diventato un tema centrale di dibattito pubblico già da diversi decenni. A partire dagli anni 70’, infatti, sono stati realizzati tutta una serie di esperimenti peculiari, come ad esempio la creazione dell’Agriculture Development Bank of Pakistan, il cui scopo primario risiede nell’erogazione di credito ai contadini delle aree rurali; e la fondazione negli anni 2000 della Kushhali Bank, il cui ruolo non si esaurisce solo nella concessione di micro-finanziamenti, ma anche nella fornitura di servizi finanziari a 360 gradi[1].

Nonostante gli sforzi nel produrre un sistema di microcredito efficiente e aderente ai principi islamici, in realtà il primo progetto considerabile pienamente shari’ah complianta livello internazionale è quello dell’Akhuwat[2], istituzione nata nel 2001 nella città di Lahore con lo scopo di mettere insieme microcredito e precetti della finanza islamica attraverso l’utilizzo dello strumento del qard hasan[3].

Per meglio comprendere l’attività di questa istituzione, è utile analizzarne la sua storia e i suoi principi base. Il fondatore della struttura, il dottor Amjad Saqib, lavorava già all’interno di un programma di microcredito, ma decise di abbandonarlo presto in quanto mal tollerava che sui prestiti concessi ai più bisognosi venissero applicati degli interessi. Tale decisione fu influenzata da due fattori in particolare: in primo luogo, dal punto di vista religioso, l’applicazione dell’interesse rientra nel più volte citato divieto di ribā; in secondo luogo, dal punto di vista etico e morale, è facile notare come nel circuito bancario convenzionale gli interessi apposti sul credito siano solitamente più bassi per le persone bancabili, dunque è doppiamente ingiusto applicare interessi così alti a soggetti già in grave difficoltà economica. Per questo motivo egli decise di sviluppare un programma di microcredito, pienamente fedele ai principi islamici, attraverso l’utilizzo del meccanismo del qard hasan[4].

Sulla base dei dati raccolti, è possibile notare come, nella stragrande maggioranza dei casi, il credito concesso dall’istituto venga utilizzato soprattutto per l’apertura o espansione di attività produttive già esistenti (in particolar modo nell’ambito commerciale), anche se col passare degli anni si è cercato di diversificare l’offerta attraverso la concessione di nuovi aiuti per finanziare, ad esempio, l’educazione superiore dei figli, l’organizzazione di un matrimonio o per coprire emergenze improvvise, come ad esempio i costi di un funerale.

Nonostante l’appetibilità che possa suscitare il conseguimento di un prestito senza interessi, Akhuwatnon è sommersa da continue nuove richieste per diverse ragioni. Il piccolo importo erogato, soprattutto nel caso di primo finanziamento (15000 rupie pakistane, ovvero circa 140 dollari), dissuade le persone poco motivate ad affrontare una procedura di istruttoria rigida e puntuale: la richiesta, infatti, viene valutata scrupolosamente nell’arco di molte settimane, con visite a sorpresa del consulente che ha preso in carica la pratica per verificare le reali condizioni di vita in cui versa il soggetto richiedente. Inoltre, una regola interna stabilisce che le filiali locali possano finanziare solo persone che vivono nel raggio di tre chilometri dalla stessa, in quanto deve essere data la possibilità al consulente di potersi muovere agevolmente per svolgere tutti i controlli del caso.

La domanda, dunque, sorge spontanea: data l’erogazione di prestiti senza interesse e considerati i costi fissi determinati dalla remunerazione dei collaboratori e dal mantenimento delle filiali, quali sono le fonti da cui l’Akhuwatattinge per mantenere una buona stabilità finanziaria? Tra le varie risorse da citare, in primo luogo bisogna includere il pagamento della cosiddetta “application fee”, ovvero la donazione di due dollari non rimborsabile pagata dal soggetto bisognoso al solo fine di ottenere la valutazione della richiesta. In secondo luogo, un altro mezzo di sostegno è costituito dalla sadaqa, ovvero l’elemosina volontaria elargita dai confratelli della comunità a supporto del progetto. In terzo luogo, un altro metodo di raccolta è quello della zakāt, ovvero l’elemosina rituale obbligatoria che tutti i credenti devono versare: nel caso in questione, la maggior parte dei fondi arriva in particolar modo da Pakistani emigrati all’estero. Mentre la sadaqapuò essere utilizzata per coprire i costi operativi dell’istituto o per produrre nuovi prestiti, la zakāt, invece, come è stabilito all’interno delle fonti del diritto islamico, deve essere utilizzata solo e specificatamente per fornire l’assistenza di base per la sopravvivenza dei più deboli (es. distribuzione di materie prime) o per il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie più povere (es. educazione scolastica gratuita per i bambini). In quarto luogo, soprattutto negli ultimi anni, un’importantissima fonte di recupero di nuova liquidità è costituita dallo stanziamento di fondi all’interno dei programmi politici adottati a livello regionale e nazionale per il sostegno ai progetti di microcredito. Infine, l’ultima forma di finanziamento è ottenuta dall’autotassazione che i “prenditori” o ex “prenditori” dei micro-prestiti impongono a sé stessi per far proseguire il progetto, con l’obiettivo di permettere anche ad altri di poter fuoriuscire definitivamente dallo stato di indigenza in cui versano attualmente[5].

 

Enrico Cocina

 

Per approfondire:

[1]H. Z. Mahmood, M. Fatima, M. Khan, M. A. Qamar, Islamic Microfinance and Poverty Alleviation: An Empirical Ascertainment from Pakistan, in Journal of Islamic Economics, Banking and Finance, vol. 11, no. 2, 2015.

[2]Il nome dell’istituto deriva dal termine “mua-khaat” che significa ‘fratellanza’: tale termine fu coniato durante l’egira dei Meccani verso Medina, momento in cui i confratelli locali dimostrarono tutta la propria solidarietà e spirito di accoglienza (per approfondire: https://www.akhuwat.org.pk/philosophy/)

[3]Prestito monetario privo di interessi nei confronti dei soggetti più bisognosi.

[4]https://www.akhuwat.org.pk/history

[5]A. A. Khan, M.S. Ishaq, J. S. Afond, S. Akram, Is it possible to provide qard hasan and achieve financial self-sustainbility? The experience of Akhuwat in Pakistan, in Islamic Microfinance, a cura di M. Harper, A. A. Khan, Bourton on Dunsmore, Practical Action Publishing, 2017.

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