Albania : proteste nel “Venezuela dei Balcani”



 

É recente la notizia che vede in prima pagina i disordini e le proteste – organizzate dal primo partito dell‘opposizione Partia Demokratike (Partito Democratico Albanese) guidato da Edi Rama – a Tirana, capitale dell’Albania. 

Dopo mesi di “schermaglie” in piazza, portate avanti dai Democratici e dal loro Leader Lulzim Basha, nei quali contesti il Premier Rama veniva più volte paragonato a Nicolàs Maduro facendo leva sulle accuse di corruzione che da tempo gli vengono mosse, si è giunti quindi ad un punto di rottura. Come misura e dimostrazione di questa turbolenta situazione politica appena pochi giorni prima delle proteste, durante un dibattito, un membro dell’opposizione – della quale fanno parte cinque partiti racchiusi fra centrodestra e centrosinistra e dei quali il più importante è appunto quello Democratico – ha fisicamente attaccato la poltrona di Rama, scagliandogli contro una fialetta di inchiostro.

Vi furono, infatti, tra le richieste dell’opposizione, le dimissioni del Premier e la costituzione di un governo provvisorio con elezioni “Libere e nel rispetto delle norme internazionali”. Uno scenario, dunque, che si rifece alle elezioni del 2013, che videro la schiacciante vittoria dei Socialisti di Rama con quasi il 60% delle preferenze.

É stata proprio questa escalation di eventi susseguitasi nei mesi scorsi ad essere stata la miccia per i disordini di pochi giorni fa, quando una folla di svariate decine di migliaia di albanesi – cinquantamila secondo le stime degli organizzatori – ha risposto alla “chiamata alle armi ” del Partito Democratico, presentandosi davanti la sede del governo a Tirana e chiedendo a gran voce le tanto desiderate dimissioni di Rama.

I manifestanti hanno subito iniziato il lancio di pietre e bottiglie verso il palazzo del governo, sfondando il cordone di polizia e riuscendo a sfondare alcune finestre. Del risvolto violento della protesta ha fatto subito tesoro Lulzim Basha, leader dei Democratici, accusando lo stesso Rama di aver volontariamente ordinato al cordone di polizia di lasciar passare alcuni manifestanti al fine di poter attaccare il Partito Democratico.

Accuse, queste, che si perdono comunque nell’infondatezza e che risulterebbero poco credibili agli occhi di una prima analisi, in quanto, con un simile gesto – volontariamente perpetrato – si sarebbero messi in pericolo sia i manifestanti, sia la stessa Guardia Repubblicana che si occupava del cordone. 

Sulle proteste, sedate poi dalla polizia e dalla Guardia Repubblicana nel primo pomeriggio con lacrimogeni ed idranti, è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Ilir Meta nel tentativo di calmare le acque e riportare la calma. L’ondata di protesta, seppur duramente condannata dall’ambasciata USA e dall’ Unione Europea, non sembra accennare a diminuire tanto che nel giorno direttamente successivo ai disordini, tutti i quarantatrè deputati del Partito Democratico hanno deciso di disertare il parlamento e di non far più parte dell’Assemblea Nazionale.

La paura adesso è la nascita di ulteriori, violente, manifestazioni che però senza una valida rappresentazione in Parlamento possano sfociare in movimenti allo sbaraglio. Lo scenario più tragico immaginabile in questa situazione si rifà, ovviamente, alla crisi anarchica del 1997 che portò dopo numerosi scontri alla morte di quasi duemila civili, secondo le fondi albanesi.

Daniele Morgante

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